Nei programmi per le elezioni comunali
un punto fondamentale è quello sul lavoro. Ma quali risposte può dare
effettivamente un’amministrazione comunale, viste le scarse competenze in
materia? Si fronteggiano alcune tesi di fondo:
a. il “marketing territoriale” che vede il territorio comunale come
una merce da offrire al mondo delle imprese: che sceglieranno, ovviamente, il
territorio che offrirà più spazi, migliori comunicazioni, burocrazia più
efficiente, minore imposizione fiscale …
Si può obiettare però che tale strategia, generalizzata in tutti i
territori, sta producendo devastazione ambientale, scarso rigore nella
pianificazione urbanistica, e, in generale, un radicamento scarso e
superficiale delle imprese. Pronte a “partire” alla prima crisi congiunturale.
b. “lo sviluppo per lo sviluppo” è la mancanza di strategia elevata a
linea di condotta; se l’edilizia garantisce occupazione, via libera all’edificazione
di suoli agricoli, se c’è qualche possibilità nel terziario sì ai
megainsediamenti commerciali; e inoltre, sì alle autostrade, sì anche agli
inceneritori, che possono portare guadagni per le esangui casse comunali, sì a
qualunque proposta purché vagamente collegata all’occupazione sia pure di poche
unità lavorative e in forma precaria. Questa non strategia, i cui effetti disastrosi non meritano commento, è,
purtroppo quella utilizzata da molte amministrazioni specie in momenti di crisi
come dopo la chiusura di una fabbrica, quando si vuole dare l’impressione che
“si sta facendo qualcosa”
c. La “green economy” l’idea che le nuove tecnologie e la
riconversione ecologica possano produrre nuovi posti di lavoro tali da
rimpiazzare quelli persi a causa della crisi dello sviluppo tradizionale
incentrato sulle grandi fabbriche. Nel programma di Finiguerra, ad esempio, si
legge che nuovi posti di lavoro possono essere creati nel’agricoltura
biologica, nella ristrutturazione edilizia, nel trattamento dei rifiuti … Questo tipo di impostazione, che contiene
diversi elementi di verità, si scontra con un unico ma decisivo limite: la
quantità di posti di lavoro creati non è nemmeno lontanamente paragonabile con
quelli che si perdono con la chiusura
delle fabbriche. Di solito queste proposte piacciono a livello teorico, ma la
loro scarsa efficacia fa sì che a prevalere siano le strategie a) e b)
Cosa si può dunque proporre per il lavoro in un’elezione comunale? A
mio avviso bisogna rinunciare ai modelli calati dall’alto e concentrare lo
sforzo sull’elaborazione di un modello specificamente territoriale. Abbiategrasso
ha le sue specificità: vicinanza a Milano, disponibilità di aree dismesse, un
territorio circostante ancora integro che fa sì che qui sia “bello vivere”; come utilizzare queste
opportunità?
a. Migliorando le comunicazioni con Milano senza distruggere il
territorio: strade ampliate, ma a raso perché le autostrade snaturano il
territorio senza eliminare la congestione del nodo milanese su cui il traffico
converge.
b. Attuando una pianificazione territoriale fondata sulla tesi che lo
spazio disponibile è una risorsa scarsa da spendere con la massima oculatezza;
usare le aree dismesse per un generico sviluppo commerciale, come prevede il
PGT Albetti – Lega, è un assurdo. Si tratta di preservare le aree industriali
dismesse dalla speculazione per renderle disponibili al terziario spesso molto
qualificato che fugge dall’ingolfata e costosa Milano.
c. Rendendo la città fruibile per un turismo intelligente e non
consumista; turismo che arriva, certo, con le piste ciclabili, ma anche coi
convegni e le iniziative culturali dell’Annunciata divenuta polo universitario.
Mi pare che il programma del candidato Sindaco Arrara e della Coalizione per l’alternativa e vada in
questa direzione

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