lunedì 30 maggio 2011

Risorse per la Cultura

Per la cultura la Francia destina nel 2011 7,5 miliardi di euro  cioè lo 0,90 % della spesa pubblica.
La Germania 11 miliardi di euro, l’Italia 1,5 miliardi di euro, pari al 0,21 % della spesa pubblica.
L'ENPAS, ente previdenziale dello spettacolo ha un utile di bilancio di 182 milioni di euro, la stima per il 2011 è di 217 milioni, ma non è possibile investirli nel proprio settore culturale perché vengono requisiti dallo Stato ed utilizzati a favore dei fondi pensionistici in passivo.
L’incidenza dello “spettacolo” sul Prodotto Interno Lordo è passato dallo 0,83% del 1985 allo 0,21% del 2010, ma mentre la crisi economica è solo di questi ultimi anni, la tendenza di minori investimenti nel settore culturale, di minor attenzione ed in definitiva il “non crederci” è una costante tipica della politica italiana.
Ora vengono alla luce le due scontate teorie: finanziare con denaro pubblico senza stabilire le priorità o passare la mano ai privati, trascurando dettagli importanti quali il fatto che senza sgravi fiscali il privato non investirà tantissimo in cultura e la necessità di tempi veloci e certi per investire nell’attuazione di programmazioni adeguate.
Nel frattempo la solita facile scorciatoia: finanziare la cultura tramite l’introduzione di una nuova accisa sul prezzo dei carburanti per 0,73 centesimi di euro al litro.
Ma esiste un terzo modello che purtroppo nel nostro Paese non viene considerato.
Francia: il direttore del festival di Aix en Provence, uno degli eventi più famosi al mondo, sostiene che la cultura deve essere volano di sviluppo del territorio, la cultura ha dei costi ma nessuno calcola quanto costerebbe farne a meno…e non solo in termini economici, naturalmente.
Ad Aix la ricaduta economica della stagione musicale è triplicata, arrivando ad incassare 15 milioni di euro, tre volte tanto le sovvenzioni pubbliche ricevute.
Viene da piangere a pensare a tutti i beni architettonici presenti in Italia oltre alle menti in tutti i campi culturali che tutto il mondo ci invidia, che non vengono riconosciuti e valorizzati nel giusto modo.

venerdì 27 maggio 2011

Libertà di culto

Queste parole di Franco Cardini, professore di Storia medievale all’università di Firenze, all’amico fraterno (così la definisce lui stesso) Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia valgono davvero a fare chiarezza sull’argomento “moschea a Milano”, tanto sbandierato in questi giorni.
Cardini non è un pericoloso frequentatore di centri sociali, lui stesso si definisce “cattolico tradizionalista”.
“Mi ha offeso e mi ha fatto male la requisitoria elettorale di Formigoni contro lo «scandalo» e il «rischio» di una moschea a Milano: e vorrei che non si abbassasse più al livello della peggiore xenofobia leghista pur di ramazzar quattro voti da una teppaglia ignorante. Ma lo sa, il presidente Formigoni, che i musulmani nel mondo sono già un miliardo e mezzo, dei quali molti milioni indispensabili alla nostra economia sia come lavoratori, sia come clienti? Lo sa che a Parigi, oltre a una monumentale moschea, ve ne sono ben altre 20, e che a Londra sono 19? Vogliamo davvero far sapere a tutti che ormai Milano è una città di provincia, nella quale si ragiona piuttosto alla maniera del capoluogo friulano che non della capitale britannica? Nel documento La Luce del mondo, Benedetto XVI ha ricordato che i musulmani hanno il diritto “naturale” a disporre di luoghi di culto come chiunque altro. Chi esprime riserve in nome del principio di reciprocità – un argomento ambiguo, sul quale sarebbe interessante tornare – deve ben rendersi conto che, presupposto alla reciprocità, deve esserci l’esempio di una buona volontà che attualmente in Italia non si vede.
Chi sostiene che le moschee potrebbero trasformarsi in «centrali di terrorismo», dovrebbe capire che questa è una ragione per favorirne l’apertura: un centro pubblico e aperto è molto meglio controllabile di un sottoscala o di un garage.
Chi si preoccupa dell’igiene, non può non adire ad analoghe conclusioni per motivi ovvii: permetter la preghiera in locali poco agibili o all’aria aperta è improponibile, vietarla tout court è incostituzionale.
Chi ritiene che non sia giusto incoraggiare l’Islam in quanto religione oppressiva e oscurantista, dovrebbe riflettere sul fatto che in tal caso è opportuno che i musulmani, disponendo di un luogo pubblico nel quale liberamente convenire, si espongano più agevolmente al contatto con i nostri più liberi quadri mentali e sociali, possano esercitare un confronto e siano per questo indotti a scegliere per il meglio.
Non c’è quindi alternativa.
Insomma, forse sono proprio gli antimusulmani quelli che, per primi, dovrebbero convincersi della convenienza dell’apertura di un numero di moschee necessario ai fedeli islamici: giustizia a parte, per ragioni di controllo, di ordine, di pulizia, di libertà. Tutte ragioni che stanno dalla parte della cultura occidentale. Ovviamente, parliamo di antimusulmani che siano anche onesti e intelligenti.
Ammesso che ciò non sia un ossimoro” (Europa, 25 maggio 2011).
G.A.

martedì 24 maggio 2011

Filantropia

Nei giorni dello scandalo “Ruby”  i cortigiani del nostro presidente del Consiglio si sono presentati in tv raccontando a tutta l’Italia che Berlusconi pagava le ragazze perché è un uomo generoso e che ama fare il bene.
E’ in libreria in questi giorni un bel libro che merita proprio di essere letto: Carrara-Arduini, Storie di straordinaria filantropia. I ritratti di dieci grandi italiani che hanno costruito il futuro, Gruppo 24 ore.
Con ritratti brevi ed efficaci il libro riprende la storia Ferdinando Bocconi, Giovanni Meyer, Francesco Rizzoli, Carlo Erba, Vittorio Cini, Gerolamo Gaslini, Adriano Olivetti, Aristide Merloni, Mario Negri, Virginio Floriani.
Nomi che oggi noi associamo a fondazioni, ospedali, centri di ricerca, università.
Sono il lascito dell’opera di questi uomini che, con passione e disinteresse, sono stati capaci di progettare, costruire, inventare, proporre. Sempre radunando intorno a sé i collaboratori migliori, perché le imprese più grandi non sono imprese solitarie.
Sicuramente la lettura di questo libro può far bene a chi vorrà leggerlo.
Almeno aiuterà a cambiare un po’ dell’aria cattiva che si respira in questi giorni pieni di menzogne e di rancore.
Potrà aiutare a tirar fuori il meglio che abbiamo dentro tutti.
Sull’ultima di copertina c’è questa bella citazione di Bill Gates, prima fondatore e padrone di Microsoft e ora benemerito presidente di una fondazione benefica che opera in tutto il mondo: “Ci si attende molto da chi ha ricevuto molto. Se consideriamo quanto ci è stato dato in termini di talento, privilegi e opportunità, allora praticamente non ci sono limiti a quanto il mondo ha diritto di chiederci”.

sabato 21 maggio 2011

Abbiategrasso o Habiate?

Con un'intervista a Ordine e Libertà l'Ing. Fabrizio Castoldi "provoca" la città sotto il profilo dell'eleganza del nome Habiate, rispetto ad Abbiategrasso, per lanciare un messaggio ben preciso e assai più concreto. La città si è come addormentata, ripiegata se stessa, non ha più slancio, fabbriche, uffici e negozi chiudono, senza che si riesca ad imbastire un dibattito sul suo rilancio.
Se questa è la provocazione, ben venga!
Abbiategrasso, al di là del nome, è Città non per blasone nobiliare o per trascorsi storici significativi, ma perchè la comunità abbiatense nel passato ha saputo e voluto essere Città, vale a dire luogo del cambiamento, del futuro, dell'innovazione, pur senza trovare le proprie radici e le proprie tradizioni.
Nell''800 sono stati i commercianti abbiatensi a tassarsi per far passare la ferrovia in città. La ferrovia era sinonimo di progresso e il progresso coincideva con Milano, perciò era importante collegarsi con questo mezzo al capoluogo. Sempre gli abbiatensi hanno costituito la banca popolare per finanziare la loro economia e non certo solo per mettere i soldi al sicuro in un caveau. L'ingegno di molti abbiatensi e non solo ha prodotto la nascita di importanti industrie, alcune delle quali ormai sparite e altre ormai in via di chiusura.
I giovani abbiatensi studiavano a Milano nei licei e nelle università e trovavano lavoro in città, oggi studiano nelle scuole superiori di Abbiategrasso, nelle università milanesi, ma non trovano lavoro in città, né la città crea le condizioni per un nuovo sviluppo imprenditoriale, che non è più legato principalmente all'industria, ma che può aver sbocchi , ad esempio, nell'industria culturale del tempo libero, nell'innovazione tecnologica, nella cosiddetta "green economy" per la produzione di energia rinnovabile e di nuovi materiali ecologici.
Invece, il Comune si è lasciato scippare dal Governo alcuni milioni di euro a fondo perduto proprio per la realizzazione di impianti per l'energia rinnovabile, nulla dice, anzi sembra condividere, l'idea della Provincia di realizzare a ridosso del Naviglio Grande una nuova tangenziale a pagamento, illudendosi che questa sia la soluzione per il rilancio di un'economia che non c'è più.
Si fa un gran parlare di Città slow e di Slow food, mentre a Malpensa la SEA vuole realizzare su un'area di 330 ettari in pieno parco naturale del Ticino una nuova e inutile terza pista, mentre si vuole fare una nuova autostrada alle nostre porte, che non serve per dividere il traffico da e per Milano da quello che deve andare altrove. Diventeremo degli Slow inquinati.
Che si chiami Habiate o Abbiategrasso la città ha bisogno di un Nuovo Rinascimento e non di aspettare rassegnata il prossimo autunno.


martedì 17 maggio 2011

Informazione e paure

Il 26 marzo scorso La Voce di Mantova riferisce in prima pagina la morte di un giovane di 27 anni folgorato mentre tentava di rubare del rame da una linea elettrica attiva in piena campagna.
E sentiva di dover precisare nel sottotitolo e nel corpo del pezzo che si trattava di un rom.
Cosa è accaduto nei giorni successivi? Il ragazzo non è rom, la famiglia ha chiesto una rettifica e il giornalista per riparare al danno (già bello consistente) ha visto bene di continuare la scia dell’assurdo: si è scusato con la famiglia per aver definito rom “un italiano doc” (ha scritto proprio così).
Pazienza se la maggioranza dei rom in Italia è italiana.
Riflette Eva Rizzin, esperta di comunicazione: “La cosa grave è che è ormai prassi comune quella di non limitarsi a raccontare i fatti di cronaca nera, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, così come indica lo stesso Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica. La tendenza in atto è quella di specificare in modo ossessivo l’origine di chi compie un reato, anche in circostanze in cui definire la nazionalità o l’appartenenza etnica non è necessario per la comprensione dei fatti. Questa prassi si chiama ‘etnicizzazione del reato’. Riferimenti così ossessivi creano nei lettori la convinzione che effettivamente un certo tipo di reato viene compiuto esclusivamente da persone migranti o da persone di origine etnica minoritaria. Eppure il giornalista, nell’esercizio della sua professione ha il “dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche”.

sabato 14 maggio 2011

Campagne elettorali

Tra mille anni rivedranno i nostri attuali programmi televisivi dedicati all’ultima campagna elettorale.
Con grande semplicità sarà facilissimo intuire il problema: nessuno ascolta.
Tutti hanno qualcosa da dire, tutti hanno ragione, tutti hanno argomenti (e anche insulti ma questo è puro degrado).
La rissa è all’ordine del giorno.
Io penso che la tv sia lo specchio del nostro vivere, la sua rappresentazione.
In questi giorni è in Italia David Barenboim, grande musicista, fondatore e direttore di un orchestra di pace. Si chiama orchestra Divan ed è costituita da musicisti israeliani e palestinesi.
Riescono ad andare d’accordo?
Ecco la dichiarazione di Baremboim: “All’interno della Divan ci sono scontri di opinioni politiche, spesso le discussioni sono tesissime.
Ma se si suona per sei o sette ore insieme, davanti alla stessa partitura, e cercando di ottenere lo stesso vibrato e la stessa dinamica, si stabilisce inevitabilmente una relazione diversa. A volte affrontando temi roventi, le chiusure sono tali che sembra di stare in mezzo ai sordi. A volte avvengono incontri umani profondi e rivelatori…L’orchestra è una scuola di ascolto dove nessuno può prevaricare. Il senso della musica è diventare uno”.
Dobbiamo inventare le nostre scuole dell’ascolto, non c’è nulla di più importante oggi.
Ci ritroveremo altrimenti divisi e sconfitti.

mercoledì 11 maggio 2011

Terza pista per Malpensa?

Ricordiamo l’intenzione della SEA di realizzare una terza pista nell’aeroporto di Malpensa, a spese di 330 ettari del Parco naturale del Ticino, destinata essenzialmente al traffico cargo. A parte il danno ambientale, da questa nuova pista partirebbero rotte che nei voli di avvicinamento per l’atterraggio sorvolerebbero il centro abitato di Turbigo e i camini, alti 150 metri, della locale centrale termoelettrica.
Inoltre ci chiediamo se la terza pista sia realmente necessaria in funzione dei dati di volume del traffico passeggeri e merci attuali e quelli prevedibili.
I dati ufficiali dimostrano che questa realizzazione non ha giustificazioni plausibili, infatti Malpensa ha avuto 24 milioni di passeggeri nel 2007 scesi a 18 nel 2009, mentre in Lombardia solo l’aeroporto di Orio al Serio ha dimostrato incrementi del traffico. Rimane per cui utopistico il volume annuo di 70 milioni di passeggeri previsto per il futuro da SEA . Un volume così elevato nel mondo è stato solo raggiunto dall’aeroporto di Atlanta nel 2009, nello stesso anno solo 9 scali hanno superato la soglia di 50 milioni di passeggeri e in Inghilterra si superano i 35 milioni con solo due piste più corte di quelle di Malpensa (Londra-Stanted ha una sola pista, Londra-Gatwick ha due piste come Londra Heathrow). 
Anche i dati del traffico merci rendono superflua la terza pista: 432.000 t/anno nel 2010, 344.000 nel 2009, 416.000 nel 2008, 486.000 nel 2007.
Ma a parte i volumi del traffico è grave la mancanza della VAS (valutazione ambientale strategica) che non permette di determinare l’impatto ambientale e la sostenibilità della nuova pista nel cuore del Parco del Ticino e a ridosso della conurbazione Legnano-Busto Arsizio-Gallarate.
Il Parco del Ticino è già compromesso da un forte inquinamento ambientale che anni di monitoraggio e ricerche da parte della Università Cattolica di Brescia hanno recentemente evidenziato: le maggiori concentrazioni di inquinanti nell’aria si registrano proprio nell’area dell’aeroporto di Malpensa. L’inquinamento risulterebbe ulteriormente aumentato con la realizzazione delle nuove tangenziali e autostrade previste sull’asse Magenta-Vigevano-Malpensa. Tutto questa contrasta con le finalità dell’Expo’ 2015 che tra l’altro prevedono di preservare la bio-diversità rispettando l’ambiente, eco-sistema dell’agricoltura, per tutelare la qualità e la sicurezza del cibo.

domenica 8 maggio 2011

Gioco d'azzardo legalizzato

Nei primi otto mesi del 2010 si è registrato un aumento delle perdite legate alla dipendenza da giochi e scommesse del 13,6%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sono stati lasciati sul tavolo da gioco circa 610 milioni di euro in più.

In Italia, il solo gioco legalizzato coinvolge circa 29,2 milioni di persone, di cui 7,1 milioni con frequenza settimanale e sviluppa un fatturato di circa 54,3 miliardi di euro. In media ogni giocatore sottrae 1.890 euro l’anno all’economia reale, lasciandoli sui tavoli da gioco.

Anche il coinvolgimento dei minorenni è aumentato passando da 860 mila unità a 2,1 milioni.
Nel nostro Paese, il consumo e l’abuso di alcol e droghe viene visto come un problema sociale per la collettività e di salute per il singolo, mentre la dipendenza da gioco non viene riconosciuta dallo Stato (e chissà perché) come una malattia, sebbene a livello psichiatrico, invece, venga catalogata come una vera e propria patologia. E così, tra il Superenalotto che presenta un montepremi per il “6″ fuori da ogni logica razionale, ed il poker online legalizzato, non mancano le tentazioni di chi, affetto in maniera latente dal vizio del gioco, rischia di entrare nel tunnel della dipendenza. Ai tempi della crisi, tra l’altro, il fatturato dei giochi di Stato anziché scendere aumenta a conferma di come gli italiani, sempre più disperati, sperano in un poker d’assi o in una sestina vincente per ottenere ciò che non gli è permesso nella vita reale.

Il gioco d’azzardo è una vera e propria tassazione legalizzata e col tempo è divenuto lo strumento più semplice e veloce per depauperare (in)consapevolmente i contribuenti italiani.
Lo scopo delle Istituzioni dovrebbe essere  quello di educare i cittadini, proteggere la loro salute, mentale e fisica, non di certo quello di indurli a giocare ed indebitarsi con persone senza scrupoli. Per un reale rilancio dell’economia i risparmi degli italiani dovrebbero entrare in circolazione nel mercato attraverso canali legali e produttivi e non lasciare che le perdite al gioco diventino prima fonte di entrate nelle casse statali.
E la nostra città non è per nulla esente da questo triste fenomeno!

giovedì 5 maggio 2011

Una nuova autostrada sul Naviglio

Settimana scorsa abbiamo cercato di porre l'attenzione sui nuovi  progetti autostradali      della Provincia di Milano: un asse autostradale Magenta-Vigevano
a cui si raccorderebbe una nuova tangenziale ovest milanese che, partendo                       da Melegnano, chiuderebbe l'anello autostradale proprio nel nostro territorio.
Tali proposte, contenute nella bozza del nuovo PCTP, piano di coordinamento                 territoriale della Provincia, sono state presentate due settimane fa, nel più totale       sconcerto dei cittadini.
Siccome la furia cementificatrice della Provincia di Milano va più
veloce del nostro dibattito locale, la discussione in corso, che riguardava una
sola autostrada (la Milano - Malpensa) deve rapidamente aggiornarsi e
moltiplicarsi per tre! Nella nostro intervento suggerivamo, prima di analizzare nel
merito i progetti, di andare a vedere che fine hanno fatto le compensazioni
ambientali previste per la Tangenziale Est Esterna: niente metropolitane per
mancanza di fondi e, in compenso, una devastante autostrada a pagamento per i
comuni del Vimercatese.
Crediamo che ciò che accade negli altri territori dovrebbe
essere oggetto di studio, per evitare che la storia si ripeta anche da noi.
Pertanto sarebbe opportuno sapere cosa ne pensano tutti i politici locali, ma
specialmente gli amministratori del nostro territorio, che condividono
l'orientamento politico della Provincia, della Regione e del Governo nazionale.
Cosa ne pensate, sig. sindaco Albetti, sig. vicesindaco leghista De Giovanni,
sig.ra consigliera comunale Tacchini della Lega nord che è anche consigliera provinciale?
Cosa ne pensa l'on. Garavaglia, anche lui della Lega Nord, che si ritiene il rappresentante        del nostro territorio a Roma?
Se le tante chiacchiere pseudo ecologiche con cui avete infarcito il PGT, piano di governo del territorio, di Abbiategrasso erano sincere, dimostratelo, altrimenti i cittadini sapranno
cosa pensare della vostra coerenza.

lunedì 2 maggio 2011

Perché ho aderito al Leone Rosso

Mi chiamo Arosio Gabriele, abito da un anno ad  Abbiategrasso.
Ho aderito al Comitato civico Leone Rosso Per Abbiategrasso.
E' un impegno nuovo per me che mi sono sempre tenuto lontano dalla politica. Vorrei raccontarvi perché ho preso questa decisione.    

1. Ho deciso di dire basta con le lamentele nei confronti dei politici. Voglio impegnarmi in prima persona. Nessuno avrà più la mia delega. Voglio partecipare al processo di costruzione di un programma e di una lista.


2. Ho scelto una lista civica e non un partito. Ritengo che i partiti di oggi non permettano una partecipazione franca e diretta. Troppo ingessati e eterodiretti.

3. Abbiategrasso ha una sua storia di operosità, di partecipazione, di solidarietà. In tutte queste parole riconosco dei valori irrinunciabili.

4. Abbiategrasso è il primo spazio oltre la cintura della periferia della grande Milano dove il cemento non si è ancora mangiato ogni cosa. L'ho scelto per viverci con la mia famiglia e riconosco nel rispetto dell'ambiente e della natura una qualità della vita di cui non voglio privarmi.

5. La mia storia professionale mi ha portato a occuparmi con passione di grave emarginazione e di stranieri. Sono allergico ad ogni forma di razzismo. Penso che la coesione sociale sia il frutto di un mondo vivace in cui ogni differenza è un colore aggiunto.

6. Sono volontario di una ONG che da anni promuove progetti di pace in Palestina. Il ripudio di ogni guerra, sancito dalla nostra Costituzione, dev'essere accompagnato dalla volontà di porre gesti di pace con tutti gli uomini di buona volontà che ci stanno.

7. Ho conosciuto il pervasivo controllo della criminalità organizzata non lontano da Abbiategrasso. Sulla legalità non voglio sconti, in completa solidarietà a chi in questa lotta mette tutto se stesso.

8. Quando ho cominciato a frequentare le persone del Leone Rosso mi sono trovato subito bene. Passo delle belle serate e sono nate delle amicizie importanti.

9. Il tempo che do al Leone rosso è tempo sottratto a mia moglie e alle mie figlie. Ma voglio poter migliorare Abbiategrasso. Farne una città di sorrisi e di abbracci sotto un cielo pulito e un’aria di luce.