Queste parole di Franco Cardini, professore di Storia medievale all’università di Firenze, all’amico fraterno (così la definisce lui stesso) Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia valgono davvero a fare chiarezza sull’argomento “moschea a Milano”, tanto sbandierato in questi giorni.
Cardini non è un pericoloso frequentatore di centri sociali, lui stesso si definisce “cattolico tradizionalista”.
“Mi ha offeso e mi ha fatto male la requisitoria elettorale di Formigoni contro lo «scandalo» e il «rischio» di una moschea a Milano: e vorrei che non si abbassasse più al livello della peggiore xenofobia leghista pur di ramazzar quattro voti da una teppaglia ignorante. Ma lo sa, il presidente Formigoni, che i musulmani nel mondo sono già un miliardo e mezzo, dei quali molti milioni indispensabili alla nostra economia sia come lavoratori, sia come clienti? Lo sa che a Parigi, oltre a una monumentale moschea, ve ne sono ben altre 20, e che a Londra sono 19? Vogliamo davvero far sapere a tutti che ormai Milano è una città di provincia, nella quale si ragiona piuttosto alla maniera del capoluogo friulano che non della capitale britannica? Nel documento La Luce del mondo, Benedetto XVI ha ricordato che i musulmani hanno il diritto “naturale” a disporre di luoghi di culto come chiunque altro. Chi esprime riserve in nome del principio di reciprocità – un argomento ambiguo, sul quale sarebbe interessante tornare – deve ben rendersi conto che, presupposto alla reciprocità, deve esserci l’esempio di una buona volontà che attualmente in Italia non si vede.
Chi sostiene che le moschee potrebbero trasformarsi in «centrali di terrorismo», dovrebbe capire che questa è una ragione per favorirne l’apertura: un centro pubblico e aperto è molto meglio controllabile di un sottoscala o di un garage.
Chi si preoccupa dell’igiene, non può non adire ad analoghe conclusioni per motivi ovvii: permetter la preghiera in locali poco agibili o all’aria aperta è improponibile, vietarla tout court è incostituzionale.
Chi ritiene che non sia giusto incoraggiare l’Islam in quanto religione oppressiva e oscurantista, dovrebbe riflettere sul fatto che in tal caso è opportuno che i musulmani, disponendo di un luogo pubblico nel quale liberamente convenire, si espongano più agevolmente al contatto con i nostri più liberi quadri mentali e sociali, possano esercitare un confronto e siano per questo indotti a scegliere per il meglio.
Non c’è quindi alternativa.
Insomma, forse sono proprio gli antimusulmani quelli che, per primi, dovrebbero convincersi della convenienza dell’apertura di un numero di moschee necessario ai fedeli islamici: giustizia a parte, per ragioni di controllo, di ordine, di pulizia, di libertà. Tutte ragioni che stanno dalla parte della cultura occidentale. Ovviamente, parliamo di antimusulmani che siano anche onesti e intelligenti.
Ammesso che ciò non sia un ossimoro” (Europa, 25 maggio 2011).
G.A.
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