sabato 5 marzo 2011

Lavoro e dignità: morti bianche

Morti per lavoro:

Anno 2007    1.207
Anno 2008    1.120 

Anno 2009    1.050
Anno 2010    1.080

Il totale dei morti sui luoghi di lavoro è di 593 , + 6,5% rispetto al 2009. Se si considerano i lavoratori morti in itinere o che lavorano sulle strade spostandosi con mezzi di trasporto propri o aziendali si arriva a contare 1080 vittime e oltre 25.000 invalidi.

Le categorie con più vittime sono sempre quelle degli anni scorsi:
l'edilizia ha superato quest'anno l'agricoltura e ha registrato il 28,4% sul totale (167 morti),
l'agricoltura il 28,1% (165 morti), l'industria il 12,5% (73 morti), l'autotrasporto l'8,7% (51 morti), l'artigianato il 4,4% (30 morti nell'installazione o manutenzione di impianti elettrici, fotovoltaici, revisione caldaie ecc.), l'esercito italiano l'1,9% (12 vittime di cui 11 in Afghanistan). Gli stranieri morti sono stati il 10,1% sul totale (60 vittime), di cui il 41% sono romeni; nella fascia d'età compresa tra i 19 e i 39 anni. La percentuale raggiunge il 15% sul totale degli stranieri.

L'attuale crisi globale potrebbe portare a un generale peggioramento degli standard di salute e sicurezza, perché con l'instabilità economica aumenta la precarietà, si allungano gli orari, cresce il lavoro irregolare nei paesi in via di sviluppo e si riducono i controlli.
Ogni 15 secondi nel mondo si registrano 160 infortuni e un morto sul lavoro, a causa di un incidente o di una malattia professionale. 
 

1 commento:

  1. Incidenti sul lavoro

    Se non ricordo male il numero di incidenti mortali sul lavoro nel 2009 nella sola Lombardia superava quello dell’intera Germania, non certo una nazione deindustrializzata; trovo il fatto assurdo.
    Quali possono essere le ragioni? Formulo alcune risposte: ignoranza, dolo, assenza di prevenzione, non osservanza delle norme, disattenzione, numero degli ispettori del lavoro insufficiente. Ritengo che l’ignoranza sia la prima causa: si è lavorato per decenni l’amianto e ci sono voluti anni e migliaia di morti per denunciare la sua pericolosità. Avendo lavorato per decenni nell’industria chimica posso portare esperienze dirette.
    Ci sono casi di ignoranza specifici come quello di una piccola industria chimica, appena costruita coi più moderni criteri di prevenzione, dove i giovani proprietari lavoravano insieme coi loro operai in ambienti dove erano presenti vapori di solventi adoperando tranquillamente i cellulari. Non sapevano che le vibrazioni degli stessi avrebbero potuto innescare incendi devastanti, con la loro ignoranza mettevano a repentaglio la loro vita e quella dei loro dipendenti.
    Questo non è un caso unico, molte volte gli stessi titolari mettono a repentaglio anche le proprie vite, altre volte è il dolo delle direzioni che causano disastri come quello della Tyssen di Torino; sono necessarie quindi maggiore informazione e più visite ispettive da parte degli organi statali preposti. Produrre con sicurezza costa, costa sia per gli impianti tecnologicamente così costruiti, sia per il costo della prevenzione e delle ispezioni che per i materiali a consumo (le cartucce degli estintori, i filtri delle cappe aspiranti, vanno cambiati sovente). Lo Stato Italiano dovrebbe imporre che le merci importate nel nostro Paese vengano prodotte con gli stessi criteri antinfortunistici, più onerosi, adottati da noi, altrimenti è concorrenza sleale e la nostra occupazione ne risente come spesso sta accadendo.
    In nessun caso comunque il costo produttivo può essere barattato con la salute e la vita umane, e questo dovrebbe accadere in tutto il Mondo, anche questa è globalizzazione.

    Maurizio Pozzi

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